giovedì 8 novembre 2012

Un DANIEL CRAIG inedito intervistato da Vanity Fair


Daniel Craig: «Quelle scene
tagliate (che fanno ridere)»

A chi gli dice che il suo Bond è immusonito risponde: «Lo avete forse visto singhiozzare?». L'attore inglese non accetta critiche né dà consigli. Salvo a chi potrebbe venire dopo di lui. E ci parla di ciò che non vedremo mai al cinema...




Se chiedi a un insider di Hollywood di indicare il più famoso dei «film perduti» – le pagine di storia del cinema che il mondo non ha potuto conoscere – tirerà fuori invariabilmente Il giorno in cui il clown pianse, la discussa (e incompiuta) storia di un pagliaccio che intrattiene i bambini ebrei in un campo di sterminio, girata da Jerry Lewis 40 anni fa e vista, da allora, sì e no da venti addetti ai lavori.

Se invece chiedi a Daniel Craig il miglior «contenuto extra» che nessun dvd potrà mai contenere, lui non ha dubbi: le scene tagliate di Skyfall, il ventitreesimo film ufficiale della saga di James Bond, e il terzo da lui interpretato e diretto da Sam Mendes, appena uscito con un successo – commerciale e critico – senza precedenti per la serie.

Inutile chiedergli se in quelle scene – che al party di fine riprese sono state proiettate, in gran segreto, solo per il cast – c’è Bond che squarcia gli aderenti pantaloni Tom Ford, o Judi Dench che dice parolacce: «Volete davvero sapere che cosa succede su un set? Veniteci a lavorare», mi risponde mentre sorseggia cappuccino al bar del Crosby Street Hotel di New York. «Posso solo dirvi che quelle scene fanno parecchio ridere. Come i maghi che non vogliono svelare il trucco: vuoi sapere come funziona? Mi spiace, la magia è proprio questa. Da bambino mi piaceva essere ingannato da un trucco. Mi piace ancora».


Jeans, maglietta beige, sneakers bianche: nonostante il traffico delle 10 di mattina, Craig è arrivato con cinque minuti di anticipo e ha scelto un divanetto vicino alla finestra. Anche dal vivo, gli occhi sono di un blu davvero sorprendente. Meno di tutti gli piace parlare delle controindicazioni della fama: una riluttanza alla lamentela che viene dalla sua infanzia middle-class, figlio di una insegnante e di un proprietario di pub a Chester, dove l’Inghilterra sconfina nel Galles.

Craig dissente dai critici che hanno definito il suo Bond – quello di Casino Royale e Quantum Of Solace – uno «007 immusonito»: «Certo, ha visto morire la donna che amava, si è vendicato, in Casino Royale ha anche versato qualche lacrima, ma non ha perso il suo atteggiamento macho. Lo avete forse visto singhiozzare mentre scriveva sul diario? Gli avete forse visto cadere il moccio dal naso?». E ride.

È rapidamente diventato molto abile a schivare i paparazzi e le domande sulla sua vita privata: la moglie Rachel Weisz, attrice, sposata nel 2011; la figlia Ella, nata 18 anni fa da un matrimonio precedente; il figliastro Henry, che Rachel ha avuto 6 anni fa dal regista Darren Aronofsky; la casa che stanno cercando a Manhattan. Ma anche su questo, a lui piace scherzare: «Le invasioni nella mia privacy, più che barbariche, sono alcoliche. Lei non sa quante volte, durante un’intervista in un bar come questo, in piena mattina, qualcuno mi ha mandato un cameriere con un Martini cocktail».

Craig, che ha recentemente firmato per altri due film, sarà James Bond almeno fino al 2016. Almeno, nel senso che potrebbe restare anche di più, ma per ora preferisce rimanere vago sull’argomento. Ride quando gli chiedo un consiglio per quello che, prima o poi, sarà il suo successore: «Cerca di trovare il modo giusto. Sii bravo. Non fare cazzate».


L'intervista completa su Vanity Fair in edicola in questi giorni. 

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