Il bon(d) ton di Bond,
James Bond.
di Marizia Gandolfi
(Un)Dressing Movie. La stoffa di cui sono fatti i
sogni.
Segno vestimentario inequivocabile di James
Bond è lo smoking. Divisa nobile, l’abito nero (tra)veste
da mezzo secolo l’identità dell’agente 007, emerso dall’acqua sulla riva
notturna e dentro una muta subacquea indossata sopra un impeccabile smoking. Irrevocabile come la licenza di uccidere,
inossidabile come il suo mito, il black tie è diventato il suo biglietto da visita
per entrare nell’immaginario collettivo. Concepita per ambienti caldi e
riscaldati, la smoking jacket si accompagna bene con un vodka Martini
shakerato, non mescolato, ‘rivestendo’ la ricreazione di un cavaliere senza
paura capace di esorcizzare ieri come oggi fobie collettive. Se i film che
raccontano le sue gesta hanno un valore cinematografico trascurabile, patendo
errori di regia, sconnessioni nel montaggio, falle negli impianti narrativi, i Bond movie restano comunque
indimenticabili per alchimie irriducibili a qualsiasi considerazione
critica. L’innegabile fascino esercitato dalla spia di Ian Fleming risiede
forse e risiede anche in una singolare ‘uniforme’ che custodisce la distintiva
raffinatezza del personaggio, incarnato per la prima volta da Sean Connery
(Agente 007 – Licenza di uccidere). Praticamente sconosciuto nel ’62 e
destinato alla maniera di Daniel Craig a ruoli di supporto, lo scozzese Sean Connery infila lo smoking ‘tagliato’ da
Anthony Sinclair e si guadagna la licenza di piacere per sempre. La sua
eleganza, di tradizione anglosassone e vestita da uno stilista britannico, si
contraddistingue per quella tendenza a evocare piuttosto che a mettere in
mostra, corrispondendo alla perfezione i costumi del tempo e la virtù delle sue
Bond Girl, amanti appassionate all’insegna del pudore nei loro parzialissimi
nudi. Il fascino discreto di Connery lo eredita diversi film e avventure dopo
il Bond charmant di Pierce Brosnan
dentro il taglio italiano di Brioni. Con l’attore irlandese lo smoking si
lascia alle spalle la Guerra Fredda e attraversa manierato nuove minacce
globali, rimandando la morte e il domani. Il mondo non basta a contenere la
presenza scenica di Brosnan, coccolato da variazioni scalari che ne esaltano
particolari e dettagli, la camicia bianca con doppi polsi e i gemelli da
regolare tra un’azione e l’altra, sfoggiando un Omega resistente e affidabile
quanto la spia di cui è al servizio. Se Jason Bourne e Ethan Hunt ne fanno una
questione di metodo, James Bond ne fa da
sempre una questione di stile, producendo una virilità edonistica e
rivestendola letteralmente. Smoking, camicia bianca, cravatte, cravattino,
galloni di seta, calze rigorosamente nere e al ginocchio, gemelli ai polsi,
fiori o pochette all’occhiello, scarpe di vernice sono il costume indossato da
un corpo coerente al proprio mito e
forte dei suoi difetti, che nell’eleganza delle (buone) maniere non trattiene
il cazzotto e le battute migliori. Non ce ne vogliano George Lazenby, Roger
Moore e Timothy Dalton, in rigoroso ordine di apparizione, per l’omissione ma
vincitore ‘senza gara’, alle spalle di Sean Connery e di Pierce Brosnan, è il
Bond massiccio e ruvido di Daniel Craig.
Esibito
da Tom Ford come in una sfilata, dietro un paio di Aviator a specchio e
dentro l’immancabile smoking, questa volta glamour e americano, Daniel Craig
azzera il mito e si fa carico della rinascita del personaggio, affondandolo e
rifondandolo. Aggiornato il taglio e la geopolitica bondiana, l’agente riparte
da zero e dal doppio zero, impugnando la Walter PPK, inseguendo nemici sul
tetto di un treno o a cinquanta metri da terra, innamorando Bond Girl e giocando a carte dentro il suo primo
smoking, che sottolinea il suo perfetto fondo base, trattiene a stento la
tensione del corpo e scioglie il cuore insieme al cravattino. L’abito nero e
strech dello stilista texano muove finalmente la fissità del playboy con la
pistola, assecondando il corpo in azione e l’action radicalizzata nella serie,
favorendo i ripiegamenti e i movimenti del cuore. Svecchiato e riqualificato lo smoking di Bond si ‘sbottona’
aprendosi al melodramma, all’autobiografismo e al sentimentalismo. L’abito
giusto per un corpo che si dà adesso come vulnerabile, mettendo a rischio la
propria leggendaria virilità senza mai perdere il bon(d) ton.
Link : Chili Blog
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