domenica 28 ottobre 2012

L'anno d'oro di Daniel Craig


Olimpiadi e "Skyfall", l'anno d'oro di Craig

di Claudia Morgoglione
L’attore a Roma per il nuovo 007 “Skyfall”, ricorda l’esperienza con Elisabetta II nell’apertura dei Giochi: “Surreale, io sono pure un tantino repubblicano”. Ammette l’ambiguità sessuale del suo personaggio nella pellicola. E rivela un sogno da attore: “Arrivare alla vecchiaia con l’entusiasmo di Paul Newman

Daniel Craig a Roma insieme a Naomie Harris
ROMA - Scandalo a Corte: l’agente segreto al servizio di Sua Maestà svela le sue tendenze antimonarchiche. Almeno è questo ciò che trapela, dalle parole semischerzose di Daniel Craig: “La partner di James Bond di cui ho avuto più soggezione? La regina, suppongo… In fondo è pur sempre la regina, no? Fare lo spot con lei per le Olimpiadi è stato, come dire, surreale. Però io come suddito non sono proprio l’ideale: anzi, se proprio dobbiamo dire la verità, sono un tantino repubblicano”. L’attore usa toni e ironia tipicamente british per raccontare la sua strana esperienza sul set dei Giochi, con la sovrana al suo fianco. Ma il non prendersi troppo sul serio è sintomo anche di buonumore: nel colloquio in una stanza di un hotel della capitale, per presentare il kolossal “007 Skyfall”, il divo appare rilassato, sorridente, meno sulle sue rispetto ad altre apparizioni pubbliche. L’incidente di qualche giorno fa, il lievissimo malore che lo ha colto sul red carpet di Londra, appare superato. Del resto, l’attore - jeans, maglione scuro, camicia bianca e cravatta - ha tutte le ragioni per essere soddisfatto. Ha sposato una collega bellissima, Rachel Weisz, formando una coppia che ha tutta l’aria di essere affiatata. E questa sua terza prova nei panni dell’agente segreto al servizio di Sua Maestà, la ventitreesima della serie, sta ricevendo ottime recensioni prima ancora di sbarcare - il 31 ottobre - nelle nostre sale. Merito della regia d’autore del premio Oscar Sam Mendes e della presenza di un “cattivo” decisamente carismatico come Javier Bardem. Che nella storia interpreta uno strano personaggio deciso a tutto pur di vendicarsi di M (Judi Dench), storico capo del nostro eroe. Mentre, nel ruolo classico di Bond Girl, ci sono Naomie Harris (collega del protagonista nella pellicola e presente oggi qui a Roma con Craig e Mendes) e Bérénice Marlohe. Il risultato è un’opera in cui l’agente segreto appare particolarmente umano, fallibile; e perfino - in una scena già cult con Bardem - sessualmente ambiguo. Mister Craig, a Bond si potrebbe applicare la massima di un famoso romanzo italiano, “Il Gattopardo”: cambiare tutto affinché nulla cambi?
«Sì, in un certo senso è proprio così. La sfida è rimescolare tutti gli elementi classici dell’universo 007 per dare vita a qualcosa di nuovo. Dalle mie parti, in maniera più semplice, diciamo “tirare la palla in aria e vedere dove cade”».
Perché ha voluto fortemente Sam Mendes come regista del film?
«In effetti le voci che dicono che sia stato io a coinvolgerlo nel progetto sono vere. È accaduto dopo una chiacchierata in cui non eravamo due uomini di cinema ma due semplici fan di Bond. Abbiamo capito la direzione da prendere dopo aver scoperto che entrambi riteniamo che il Bond dei libri di Ian Fleming sia in realtà un personaggio complicato, conflittuale. Un assassino che non ama uccidere. E allora abbiamo deciso di ripartire da lì: vecchio stile sì, ma con elementi moderni». Il risultato sembra piacere molto: il film viene accolto benissimo.
«Diciamo che abbiamo avuto anche culo. Ci ha aiutato la grande squadra che ha lavorato con noi alla pellicola. E soprattutto siamo riusciti nel nostro intento: lasciare un finale aperto. Non nel senso dell’introduzione a un sequel, ma come apertura reale di possibilità per il personaggio». Rispetto a “Casino Royale”, il suo primo film come Bond, non c’è più la componente misogina verso le donne: qui il personaggio di Naomie Harris gioca alla pari con lei.
«Il mondo è andato avanti rispetto al 1962, l’anno di uscita al cinema del primo Bond. E così adesso anche a lui piacciono donne forti e belle, come del resto sono tutte le donne. Una che si pone alla pari: nel conflitto come nel letto. Che le donne debbano essere dominate è un principio che appartiene al passato». Qui però anche un personaggio maschile tenta di sedurla, e il suo personaggio risponde con una battuta decisamente ambigua.
«Il sesso è sesso, è sesso, è sesso… (ride). In quella sequenza, in un certo senso, io e Bardem stiamo scopando. Tutta la pellicola è pervasa dalla sensualità e dove c’è sensualità c’è potere. Per questo il film è così sexy». Oltre a “Skyfall”, questo è stato per lei l’anno dello spot e dell’esibizione con la regina in occasione dei Giochi Olimpici di Londra.
«È stato strano, devo ammetterlo: io, un ragazzo di Liverpool, al cospetto della regina. Piacevole, senza dubbio. Penso che col passare del tempo sarà uno di quei ricordi che, guardandomi indietro, mi renderà più felice». Perché, tra tanti simboli inglesi, per le Olimpiadi si è puntato su 007?
«Credo sia perché un fondo è la vecchia, buona storia dell’eroe. Capace in qualche modo di rappresentare lo spirito di un popolo. La fantasia che qualcuno ci protegga, che su prenda cura di noi: magari non è vero, ma è confortante crederlo». A proposito di eroi da grande schermo, lei ha sempre rivendicato di non ispirarsi a nessuno dei Bond precedenti. Come mai?
«Quando mi immergo nel ruolo non penso a nessuno e non copio nessuno. Per questo sono stato anche criticato. Ma io sono io: perché dovrei bere Martini, aggiustarmi la cravatta o i polsini? Io queste cose non le so fare. Pierce, Roger e Sean sono stati fantastici. Ma io sono una persona diversa». Come vede la sua carriera in prospettiva, magari tra molti anni?
«Spero di essere come era Paul Newman a 76 anni, quando ho avuto la fortuna di lavorare con lui sul set di “Era mio padre”: con la carriera che aveva alle spalle era ancora entusiasta, agitato, nervoso. Se a 76 anni sarò come lui, mi riterrò fortunato».

Postato Repubblica.iy

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