Intervista a Danny
Boyle
Da
regista più trasgressivo del Regno Unito a prediletto di Elisabetta II,
che
l’ha accolto nelle sue stanze private e per lui ha recitato nel video
inaugurale delle Olimpiadi. Ma ora Danny Boyle torna cattivo: fa cadere in
trance gli attori dell’ultimo film e prepara il sequel di Trainspotting
di Andrea D’Addio,
foto di Jude Edginton
La
regina? Poco più di un anno fa ci siamo incontrati nel suo studio per preparare
il cortometraggio per l’apertura delle Olimpiadi a Londra, quello in cui lei
interpreta una Bond girl con Daniel
Craig. Mentre le parlavo, la vedevo fare espressioni strane. Temevo che si
stesse annoiando e invece dopo un po’ si è scusata: era appena stata dal dentista». In meno di vent’anni Danny Boyle è passato dall’essere il regista più provocatorio del Regno Unito
(suo Trainspotting, nel 1996) all’essere il più rappresentativo, visto che
gli hanno affidato la spettacolare cerimonia inaugurale dei Giochi 2012. Quando
glielo facciamo notare scoppia a ridere, una bella e grassa risata, di quelle
che ti aspetti precederà una coinvolgente presa a braccetto per andare a bere
una bella birra in un pub. Chissà, forse l’alcol – non si dice in vino
veritas”? – potrebbe essere il modo giusto per rubargli qualche segreto. Senza
arrivare al sistema usato nel suo nuovo
film: In trance, thriller a scatole cinesi (interpretato da James McAvoy,
Vincent Cassel e Rosario Dawson), che – come suggerisce il titolo – è
incentrato su quello stato di alienazione della coscienza capace di fare
evocare al paziente ogni suo più recondito pensiero e ricordo.
Un 10 per cento di
persone sotto ipnosi cade davvero in trance. Le farebbe paura rientrare in
questa quota?
Molto. Come ogni
regista sono ossessionato dal controllo. Ma non solo. Ormai è provato che, con
alcuni soggetti particolarmente suggestionabili, si possano anche impiantare
ricordi ex novo. È per questo che le confessioni raccolte in questo modo non
sono più considerate prove legali come era negli Anni ’70. Ma invece di
sperimentare in prima persona, ho chiesto ai miei attori di sottoporsi a ipnosi
e raccontarmi tutto.
E che cosa è successo?
Non sono entrati in
trance, nonostante lo volessero… Vincent Cassel mi ha detto di essersi
parecchio annoiato.
Va bene, niente
ipnosi, ma promette di risponderci sempre sinceramente?
Prometto.
Perché nel 2000
scelse Leonardo DiCaprio, e non il suo amico Ewan McGregor, per The Beach?
Lo ammetto, quel
film inizialmente era stato scritto per McGregor. Venivamo dal successo di
Trainspotting, ma mi dissero che- se avessi ingaggiato un attore più famoso –
avrei avuto più soldi a disposizione. Ero ambizioso. Scelsi Di Caprio perché,
fra gli attori affermati, era quello con una sensibilità più europea (sua madre
è tedesca). E poi è un grande. Se The Beach non fu un successo, è stato per
altre ragioni. Andammo a girare in Thailandia con 300 persone: mancò
l’autenticità del posto. Quando anni dopo ho girato The Millionaire ho portato
in India solo otto collaboratori. Gli altri li ho ingaggiati lì. E i risultati
sono stati ben altri (otto Oscar, tra cui miglior film e regia, ndr). The Beach
mi ha insegnato a non farmi sedurre dai soldi. Meglio avere di meno e risolvere
i problemi con la creatività, che schioccare le dita e avere tutto a
disposizione.
Poi in India è
tornato o, finita la popolarità del film, si è dimenticato di come vivono
davvero molte delle comparse?
Torno ogni due
anni. Con la fondazione Dramatic need abbiamo messo a punto un progetto che si
preoccupa di formare professionalmente ragazzini degli slum, insegnando loro
sia l’inglese sia mestieri come l’idraulico, il meccanico o il muratore.
Sembrano cose scontate, ma lì possono aprire le porte di una vita dignitosa.
In In trance c’è un
continuo ribaltamento di ruoli (buono/vittima/cattivo) ma, alla base di tutto,
c’è una tematica attuale: la violenza domestica sulle donne. Secondo lei le
leggi inglesi sono adeguate?
No, per nulla, e ce
ne possiamo accorgere guardando cosa ti dice la polizia quando tu, donna,
chiedi aiuto per allontanare un ex partner che non vuole accettare la
situazione o un vero e proprio stalker. Hanno molte limitazioni riguardo
l’intervento diretto e così ti suggeriscono di cambiare numero di telefono,
indirizzo, in alcuni casi anche lavoro e nome. Così diventi vittima due volte:
devi convivere con la paura senza più neanche il diritto di avere la tua vita.
È difficile giudicare e dire quale sia la soluzione giusta, certo è che le
donne, da questo punto di vista, pagano uno squilibrio in termini di tutele
rispetto all’uomo.
Che impressione le
ha fatto la Regina?
Non è perché è la
mia regina, ma mi ha colpito la sua sincerità e la capacità di apparire come
una persona qualsiasi. L’ho incontrata nello studio dove normalmente vede i
primi ministri. È attaccato alla sua camera da letto, c’era la porta aperta e –
non penso che per lei sia un problema se lo dico – c’era un bel po’ di
confusione… Giornali posati ovunque, appunti, il classico disordine che potrei
trovare nella casa dei miei zii. Però al momento di girare il nostro corto non
ha dimenticato niente, nessuna posa, neanche un dettaglio. È una donna in
gamba, non le sfugge nulla.
Per chiudere: le
piacerebbe girare un vero film di James Bond?
Ci ho pensato in
passato, ma ora no. Sono produzioni troppo grandi per me. Sono impegnato nella
preparazione del sequel di Trainspotting. Sono passati diciassette anni da quel
film ed è interessante pensare come siano diventati quei ragazzi che all’epoca
vivevano con tanta energia la tossicodipendenza e adesso, invece, devono fare i
conti con l’età. Si intitolerà Porno, come il libro di Irvine Welsh da cui è
tratto. Ewan McGregor mi ha già dato l’ok. Sarà strano, ma sulle droghe poco è
cambiato, nonostante gli sforzi delle istituzioni su informazione e
prevenzione.
Crediti | Link : Io Donna